Screensud acquista il sito produttivo dopo 9 anni di attività: dalla crisi alla crescita attraverso il workers buyout

“Il rispetto nasce dalla conoscenza e la conoscenza richiede impegno, investimento, sforzo”. Di questa frase di Tiziano Terzani ne sanno qualcosa i 12 soci lavoratori della cooperativa Screensud, nata da un progetto di workers buyout. Sì, perché l’impresa campana ha fatto della capacità di difendere la propria realtà produttiva e il proprio know-how una costante e un valore aggiunto.
“Quando la vecchia società, la Lafer, è andata in liquidazione nel 2012 - dice Raffaele Silvestro, presidente di Screensud - abbiamo deciso di non mollare e di rimettere in gioco le nostre conoscenze maturate in oltre quindici anni di attività. Spinti da una ‘unione di intenti’ e da un certo modo di fare impresa che ci ha senza dubbio premiato, visto che, in meno di nove anni, il nostro fatturato è cresciuto notevolmente. E questo anche perché abbiamo sempre realizzato un prodotto con standard qualitativi alti e con tempi di resa brevi”.
Costituita nel 2013 ma attiva dal 2016, la Screensud si occupa della fabbricazione di reti tessute in acciaio ad alta resistenza per le industrie estrattive e per l’edilizia. Se i primi anni sono stati quelli più difficili, con il cambio del sito produttivo da Nola ad Acerra e lo “scontro” con la burocrazia, gli ultimi si sono rivelati più ricchi di soddisfazioni. “All’inizio - spiega Silvestro - nella gara dove si potevano acquistare i macchinari ci siamo scontrati con l’interesse di un nostro competitor e solo grazie al diritto di prelazione siamo riusciti, a parità di offerta, ad accaparrarci i macchinari che ci interessavano. Anche nella gara dove potevamo acquistare le materie prime ci siamo misurati con un nostro competitor ma, nonostante le difficoltà, pure questa volta ce l’abbiamo fatta. In più, oltre ad una certa diffidenza da parte delle istituzioni, abbiamo pagato lo scotto di dover affrontare tutta una serie di lungaggini burocratiche. Basti pensare che la cooperativa ha impiegato tre anni per realizzare l’attivo sociale”.
Un tempo infinito per chi, come nel caso dei wbo, investe il proprio Tfr e l’indennità di disoccupazione ed ha bisogno che, nel giro di pochi mesi, la sua vita torni ad avere una stabilità economica. Ma, per fortuna, tutto questo fa parte ormai del passato. Tanto che, oggi, la cooperativa di Acerra non si rivolge più solo al mercato italiano ma anche a quello estero, se è vero come è vero che una buona parte della produzione viene esportata in Nord Africa e nel resto d’Europa, con l’orgoglio, per usare ancora le parole del presidente di Screensud, “di portare la Campania e, soprattutto, Acerra nel mondo, una terra spesso dimenticata ma che, appena ne ha l’occasione, sa rimboccarsi le maniche”. E per quanto riguarda il futuro, Silvestro non ha dubbi: “Guardo al futuro della cooperativa con ottimismo. Pur avendo acquisito una fetta di mercato che ci permette di stare abbastanza tranquilli, affrontiamo ogni giorno come una nuova sfida, per consolidare la cooperativa e per crescere ancora di più. Non a caso, quest’anno, grazie anche al sostegno di CFI, abbiamo acquistato l’opificio. Se penso che il nostro destino sembrava segnato, questo per noi ha significato davvero tanto. Così come ha voluto dire tanto, dopo mille traversie, la quotidianità ritrovata. La sveglia al mattino, la colazione, il lavoro, la felicità di cose che pensavamo di aver perso, piccole ma importanti”.