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La cooperativa che ascolta gli adolescenti: il modello AttivaMente

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Nata a Como vent’anni fa, la cooperativa AttivaMente ha come obiettivo primario quello di coniugare cultura, educazione, teatro e inclusione sociale. Nel corso del tempo la cooperativa, costituita da 5 soci lavoratori, ha sviluppato progetti per scuole, enti locali e comunità, passando dai laboratori creativi alle ricerche sull’adolescenza, dalle attività di sensibilizzazione ai percorsi formativi. Di questa bella realtà lombarda, che ha la sua sede all’interno di un luogo storico, il Pastificio Castello, costruito nel 1600, abbiamo parlato con Valerie Moretti, presidente di AttivaMente.

 

Presidente Moretti, qual è il tratto distintivo di una cooperativa coma la vostra?

Direi l’integrazione tra la psicopedagogia e il laboratorio teatrale. Questo crea una sinergia tra la teoria e la pratica, tra l’ascolto dei bisogni giovanili e una produzione culturale che cerca di dare una risposta a quei bisogni. Il tutto declinato attraverso due progetti come l’Accademia dei Trasformati e come Caos. 

 

Ce ne può parlare?

L’Accademia dei Trasformati è un progetto che raccoglie e organizza tutte le attività teatrali di AttivaMente: produzione, formazione, spettacoli e ospitalità. Esiste, inoltreil teatro dell’Accademia dei Trasformati, il più piccolo di Como, uno spazio che permette una dimensione più intima e diretta di teatro dal vivo. Con Caos - Centro Studi sull’adolescenza, stiamo parlando invece di un progetto nato per creare momenti di ascolto e dialogo e per supportare adolescenti, famiglie e istituzioni.

 

I servizi che offrite sono molteplici. Ne vuole elencare qualcuno?

Ci occupiamo, tra le altre cose, di formazione aziendale, utilizzando i linguaggi del teatro e della creatività per favorire dinamiche di team building, comunicazione e crescita organizzativa. Ospitiamo, grazie al piccolo teatro dell’Accademia dei Trasformati, anche spettacoli, conferenze e rassegne come Gener-Azioni. Inoltre, abbiamo un centro di psicologia e di counseling strutturato, che offre sedute individuali e famigliari ad adolescenti e adulti, avvalendosi anche di una fitta rete di professionisti presenti sul territorio, verso cui indirizzare coloro i quali hanno bisogni che non possono essere accolti direttamente dalla cooperativa.

 

Ci sembra di capire che, per voi, il teatro rappresenti uno strumento di trasformazione personale e sociale. È così?

Sì, per noi il teatro non è solo intrattenimento.  Il teatro può educare, può aiutare a riflettere, può mettere in gioco emozioni e pensiero. Lo “Infodrama” - lo spettacolo teatrale che portiamo avanti e che combina psicologia e recitazione - è in grado di toccare temi importanti, stimolare empatia, cambiare sguardi. 

 

Il tema centrale della vostra azione educativa e culturale è l’adolescenza in tutta la sua complessità. Come lo affrontate?

Cercando di diventare un punto di riferimento per chi vuole comprendere gli adolescenti, che supportiamo nel loro percorso di crescita verso l’età adulta. Da noi i ragazzi si sentono ascoltati e ricevono servizi che rispondono ai loro bisogni. Come dimostra la prima ricerca di Caos, “Fonés”, che abbiamo presentato quest’anno, condotta su 2.400 adolescenti comaschi, in collaborazione con la Fondazione Il Minotauro di Milano. Una ricerca che ha generato riflessioni ed eventi in grado di coinvolgere i giovani, le famiglie e le scuole.

 

Quali sono i prossimi obiettivi?

Abbiamo ancora tanti obiettivi da perseguire. Tra questi, indicherei il consolidamento dell’Accademia dei Trasformati come polo culturale teatrale, la crescita del Centro Studi Caos, l’espansione dello spazio fisico a nostra disposizione e l’ampliamento delle attività teatrali grazie al nuovo progetto di ristrutturazione dell’ex Tintostamperia di Val Mulini.

 

Il progetto europeo Small2big ha permesso a Cfi di finanziare la vostra cooperativa. Che benefici ne avete tratto?

Abbiamo rafforzato le competenze nella gestione progettuale, organizzativa e culturale, aprendoci a percorsi di formazione interna rivolti a tutto il personale. Inoltre, abbiamo avuto la possibilità di accedere a finanziamenti e reti non facili da raggiungere. E, sopra ogni cosa, ci è stata offerta l’opportunità di imparare da altre cooperative, confrontandoci con chi opera in contesti simili e dando corpo a progetti che richiedono stabilità, spazio, strutturazione.

 

Un’ultima domanda, per concludere questa breve intervista. Che cosa significa, per voi, essere una cooperativa?

Significa mettersi al servizio del bene comune, focalizzandosi sul valore sociale del proprio agire. Vuol dire condividere le responsabilità, lavorare collettivamente, valorizzare le competenze di ciascuno, mantenendo una gestione trasparente, partecipata e attenta ai bisogni delle persone che lavorano dentro e fuori la cooperativa. Per noi vuol dire, soprattutto, innovare i modi di fare cultura, educazione e formazione.