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Pane, dignità e inclusione: la ricetta di Sapori di Libertà

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“Siamo tutti potenziali malfattori e nel profondo dell’animo quelli che mettiamo in prigione non sono più cattivi di chiunque di noi. Hanno ceduto all’ignoranza, alla collera, malattie da cui anche noi siamo affetti, per quanto in misura diversa. Il nostro dovere è di aiutarli a guarire”. 

 

Per raccontare una cooperativa come quella di Sapori di Libertà, finanziata anche da CFI attraverso il progetto europeo Small2big, si potrebbe cominciare dalle parole del Dalai Lama. E questo perché i 9 soci lavoratori dell’impresa lombarda hanno fatto dell’aiuto a soggetti svantaggiati, principalmente detenuti ed ex detenuti, la propria mission, la propria ragione d’essere. 

 

“La nostra cooperativa - spiega Angelo Puccia, presidente di Sapori di Libertà - vuole promuovere l’inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti, ai quali cerchiamo di fornire le competenze e le opportunità necessarie per reintegrarsi nella società e trovare un lavoro dignitoso. Produciamo una vasta gamma di prodotti da forno - tra cui pane, pizze, focacce, grissini e dolci - che realizziamo con ingredienti di alta qualità e con cura artigianale, per poi venderli ai supermercati, agli alberghi, alle mense scolastiche e ai ristoranti, oltre ad offrire un servizio di e-commerce per i privati”. 

 

Nata a Mantova nel 2022, con l’obiettivo di creare un laboratorio di panificazione artigianale che potesse fornire ai detenuti un’opportunità di formazione e di lavoro, la Sapori di Libertà si presenta oggi come un esempio, virtuoso, di innovazione sociale e di economia solidale. La cooperativa può contare su due luoghi di produzione: uno all’interno della Casa Circondariale di Mantova, nel quale lavorano detenuti attualmente reclusi; l’altro a Levata di Curtatone, sempre in provincia di Mantova, dove lavorano detenuti in misura alternativa, ex detenuti e soggetti con problematiche socio-relazionali. 

 

A differenza di tanti laboratori produttivi che vengono promossi nell’ambito dell’economia carceraria, che prevedono una presenza costante di personale esterno che possa coordinare le attività lavorative dei detenuti, l’impresa mantovana, anche se quest’ultimi non sono certo abbandonati a se stessi, porta avanti un altro tipo di “filosofia”, rinunciando a figure esterne e preferendo lavorare sull’impegno e sulla responsabilizzazione dei detenuti, valorizzandone le qualità, “a tutto vantaggio dei prodotti che offriamo ai clienti”, per dirla ancora con le parole del presidente Puccia, che alla fine aggiunge: “Direi che noi abbiamo una visione dell’economia e della società dove queste due ‘prospettive’ sono una a favore dell’altra, senza che la prima cannibalizzi la seconda, come è accaduto in questi ultimi trent’anni con il capitalismo più bieco, artefice di sempre maggiori diseguaglianze, a scapito dei più deboli. Fare impresa, per noi, significa combattere contro tutto questo; significa lasciarsi guidare da una sorta di faro etico, che ci ha portato, senza se e senza ma, a stare dalla parte di chi è più svantaggiato. Ciò non dovrebbe essere appannaggio solo di un’impresa sociale come la nostra ma di tutte le aziende presenti nel mondo”.