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Imprese sociali che nascono e crescono, anche grazie alla capitalizzazione di CFI, all'interno del progetto europeo small2big: Cooperativa Alchemilla

Intervista al Presidente Francesca Gentile

Fotografia“Non c’è, a questo mondo, grande scoperta o progresso che tenga, fintanto che ci sarà anche un solo bambino triste”, ha detto Albert Einstein. Siamo sicuri che tutti i 10 soci lavoratori della cooperativa sociale Alchemilla farebbero proprie le parole del grande fisico tedesco, visto che ai bambini si dedicano da molti anni. Nata nel 2015, l’azienda milanese, sostenuta da CFI, realizza infatti progetti di innovazione educativa e culturale attraverso il teatro, le arti e il digitale. “Quello che unisce il nostro team - spiega Francesca Gentile, presidente di Alchemilla - è la convinzione che i bambini e le bambine posseggano un modo di leggere la realtà e di volare con l’immaginazione che può nutrire il mondo adulto. Non è solo importante dare loro voce ma anche farli partecipare e cambiare la percezione del loro ruolo sociale”. Una visione, si può aggiungere, quasi “rivoluzionaria” dell’infanzia, legata alla percezione di un bambino considerato come soggetto attivo e competente fin dalla più tenera età.  

Presidente Gentile, per cominciare questa breve intervista, ci può parlare di “Artoo”, uno dei vostri progetti più innovativi?
“Artoo” ha il suo cuore in una serie di moduli laboratoriali tematici che si rivolgono alle insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria. Le insegnanti possono svolgere in autonomia i laboratori, in virtù dei materiali di supporto e delle indicazioni che trovano sulla piattaforma digitale “Artoo4education”, che può essere usata in classe, e in modo autonomo, anche dai bambini, grazie al doppio accesso disponibile per gli adulti e per i più piccoli. I moduli - che sono in parte incentrati su tematiche di attualità e in parte focalizzati su artisti o musei specifici - sono pensati per generare partecipazione, riflessioni e condivisione tra i bambini. Stiamo parlando di un “ecosistema” educativo che, oltre alla piattaforma per le insegnanti, prevede due libri e un app mobile gratuita per le famiglie.

“Artoo”, se non andiamo errati, è il nome di un orso grande e grosso che, non comprendendo molte delle cose della vita, chiede aiuto ai bambini…
Sì, è proprio così. L’orso sa che i bambini hanno una sensibilità e uno sguardo che permette loro di dare risposte precise e sorprendenti. Nella fattispecie Artoo vive nella soffitta di un museo ma non sempre capisce le opere d’arte che osserva. Allora, chiede aiuto ai bambini e alle bambine per interpretarle. Questa è la cornice narrativa all’interno della quale i bambini e le bambine sono invitati ad esprimere la loro capacità autoriale. La creazione della cornice narrativa facilita il coinvolgimento dei bambini, che vengono investiti dall’orso Artoo di un compito che solo loro possono svolgere. Questo, per noi, è un principio pedagogico fondamentale: i processi educativi devono essere costruiti insieme, dai piccoli e dagli adulti; quindi l’orso, che rappresenta simbolicamente il mondo adulto, non ha tutte le risposte e non si vergogna di chiedere aiuto ai bambini. I bambini vengono messi al centro della vicenda e percepiscono l’importanza del loro ruolo nello svolgimento della storia. I commenti dei bambini sono preziosi per Artoo che, nella finzione, li raccoglie dentro alcuni barattoli di miele ormai vuoti, con scritto sopra il nome del bambino o della bambina che ha aiutato l’orso ad interpretare quel quadro.  Nella realtà, i bambini vengono aiutati dagli insegnanti o dai genitori a registrare degli audio tramite l’applicazione o la piattaforma digitale, dove i loro contributi possono essere salvati, riascoltati e condivisi con altri bambini.

L’utilizzo del digitale come strumento educativo, per quanto riguarda questa fascia di età, è oggetto di costante discussione e valutazione. Come vi ponete in tal senso?
Abbiamo esplorato la via di un digitale che abilita processi educativi ricchi di contenuti, positivi e aperti verso il futuro dei bambini e delle bambine. Un digitale che può fare da sponda ad alcuni principi educativi e, soprattutto, può essere utile per dare voce alle nuove generazioni, offrendo al mondo adulto l’opportunità di ascoltarle. Parliamo di un “digitale gentile”, ancorato a una serie di principi condivisi in ambito pedagogico: deve consentire una fruizione lenta e non compulsiva; deve favorire attività di gruppo e non solo individuali; deve essere connesso a giochi e attività che prevedano una messa in gioco corporea attiva; e, infine, deve essere divertente, esteticamente curato e facile da usare.

Ci sembra che uno dei punti di forza della vostra cooperativa sia la possibilità di avvalersi di competenze legate ad ambiti differenti che, però, lavorano in stretta sinergia. È cosi?
Sì, “Artoo” è proprio il risultato di una miscela di competenze pedagogiche, di conoscenze legate agli strumenti narrativi e digitali e alle dinamiche del teatro sociale e dei laboratori artistici per i più piccoli.  Lavoriamo in contesti sociali non sempre facili e spesso caratterizzati da povertà educativa ma riusciamo, anche in queste realtà, a portare avanti il nostro metodo, con risultati molto positivi.  

Qual è la componente principale che guida il lavoro di una cooperativa come Alchemilla?
Credo di poterla individuare nell’impatto sociale che un progetto come “Artoo” può generare. Si tratta di una ricaduta che riguarda tanti livelli diversi: prima di tutto, come dicevamo, il fatto di mettere bambini e bambine al centro della vita sociale; poi, la possibilità di portare arte e luoghi dell’arte, come i musei, nelle scuole di ogni tipo, anche quelle delle periferie, dove di arte se ne vede poca o pochissima. Il progetto “Artoo” facilita la sinergia tra scuole, musei e famiglie, creando un legame con l’arte e la storia di un territorio e contribuendo alla formazione di cittadini partecipi e attivi. In più, per i musei l’interesse va oltre il legame con le scuole del territorio, perché il vantaggio della piattaforma digitale sta nel fatto che, per esempio, i moduli relativi al Museo Teatrale alla Scala sono stati proficuamente utilizzati anche da scuole molto lontane, come alcune Scuole dell’Infanzia a Cagliari o come la Scuola Leonardo Da Vinci a Parigi.

In tutto questo, come si innesta il progetto europeo Small2big, rivolto a finanziare le imprese sociali? Che benefici ne avete tratto?
 Il progetto Small2big ci ha permesso di strutturare ancora di più la nostra organizzazione, dandoci l’opportunità di fare investimenti e di intraprendere un percorso che ci porterà a consolidare il nostro lavoro e a svilupparci. Grazie al progetto, soltanto per fare un esempio, abbiamo potuto rafforzare lo staff della cooperativa.

Il futuro non è mai solo accaduto, è stato creato, ha detto il filosofo americano Will Durant. Quali progetti avete per il futuro? 
Stiamo portando avanti due progetti importanti: un’alleanza con la rete dei musei della città di Milano che ci darà la possibilità di avviare nuove collaborazioni con le istituzioni culturali milanesi e aprire moduli didattici relativi a nuovi temi per metterli a disposizione delle scuole; e poi un progetto triennale che ha lo scopo di contrastare la povertà educativa nelle periferie della città, grazie alla creazione di atelier artistici che coinvolgeranno la primissima infanzia. Inoltre, per offrire anche ai bambini più grandi lo stesso metodo già sperimentato con “Artoo”, abbiamo proposto per quest’anno scolastico, sempre in collaborazione con il Museo Teatrale alla Scala, un nuovo universo narrativo che si chiama “Eteria”, la cui protagonista è una bambina, appartenente a un pianeta lontano dalla Terra, che difende i luoghi di bellezza e di creatività dell’universo e che cerca alleati sul nostro pianeta.

L’ultima domanda è quasi obbligatoria. Che cosa significa, per voi, essere una cooperativa? 
Crediamo che ciascuna delle persone che incontriamo possa offrirci un contributo e un punto di vista in grado di arricchire la nostra conoscenza e il nostro operato. È il principio con cui ci mettiamo in ascolto delle persone “piccolissime”, cioè dei bambini.  Non potevamo, quindi, che scegliere la forma societaria più democratica, aperta e partecipativa. Per noi, insomma, essere una cooperativa significa utilizzare al meglio le risorse umane e, allo stesso tempo, rendere tutti partecipi delle scelte che quotidianamente facciamo, perché il nostro lavoro abbia un valore.

Andrea Bernardini