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Liberitutti, un'impresa Etica fondata su partecipazione e gestione del bene comune per la realizzare un vero impatto sociale

Intervista al Presidente Daniele Caccherano

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“Se una società non può aiutare i molti che sono poveri, non dovrebbe salvare i pochi che sono ricchi”. Queste parole di John Fitzgerald Kennedy spiegano, meglio di altre, qual è la vera essenza di una cooperativa come quella di Liberitutti, nata nel 1999 a Torino. Un’impresa etica che, sin dalla nascita, si è sempre posta come attrice di un’economia sociale in grado di capitalizzare le esperienze, le conoscenze, le risorse materiali ed immateriali, in sintonia e in condivisione con le comunità di riferimento. Negli anni la mission di Liberitutti, che ha raggiunto un fatturato annuo pari a 6.000.000 di euro, è cresciuta intorno alla progettazione e alla realizzazione di servizi erogati direttamente, all'interno di partenariati complessi o per conto di Enti Pubblici. Attualmente la cooperativa, sostenuta anche da CFI,  può contare su un gruppo di 193 lavoratori (molti dei quali giovani), di cui ben il 61,3% è costituito da donne. Di questa bella realtà piemontese, attiva nella propria regione e non solo, abbiamo parlato con Daniele Caccherano, presidente di Liberitutti.

Presidente Caccherano, per iniziare, ci può dire di che cosa si occupa la vostra cooperativa?
I principali ambiti di intervento dei nostri servizi sono quelli dell'educazione, dell'inclusione sociale, della cura dell'infanzia, dell'accompagnamento ai nuovi cittadini e dello sviluppo locale. Per quanto riguarda l'educazione, ad esempio, lavoriamo con la fascia di età che va da 0 a 17 anni, promuovendo nei percorsi educativi azioni per favorire il superamento di vulnerabilità personali, culturali, sociali e per prevenire l'abbandono scolastico, attraverso lo sviluppo di metodi innovativi, come ad esempio l’educazione STEAM.
Particolare attenzione è data alla fascia che va da 0 a 6 anni, attraverso luoghi come il “Polo del Dialogo” o progetti come “Thub06 / Tappe urbane / Noe nuovi orizzonti educativi”, rivolti alle famiglie intese nell'accezione più inclusiva possibile, sperimentando buone pratiche di empowerment sia per gli adulti sia per le bambine e i bambini, in una concezione “ecosistemica” di nucleo familiare, integrato nella comunità in cui vive.
L'altro ambito in cui Liberitutti è particolarmente attiva è quello delle politiche e degli interventi di inclusione e accoglienza di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
 
Quali sono i vostri principali obiettivi?
L’obiettivo principale della nostra attività è quello di garantire  le misure di assistenza e di protezione della persona, che accompagniamo lungo il percorso che porta allo sviluppo della propria autonomia. I tanti servizi che offriamo sono uniti da un solo filo conduttore: la centralità della persona, dei suoi bisogni e dei suoi diritti. Ci concentriamo sull'inclusione sociale di persone in fragilità, per adattare ciascun intervento alle caratteristiche di ogni singolo individuo, promuovendone il benessere, anche in relazione alla comunità di riferimento. Il tutto costituisce, altresì, la base dei progetti legati allo sviluppo locale, che poi si declinano in un'estrema varietà di tempi, format e contenuti.
La nostra cooperativa inoltre ha sviluppato, tramite un articolato sistema di partecipazioni societarie, una presenza innovativa e rilevante nel settore delle politiche attive del lavoro, grazie all’acquisizione dell’agenzia per il lavoro Exar, in grado di generare un forte impatto sociale, partendo dai temi della formazione e dell’accompagnamento al lavoro. Liberitutti, negli anni, ha anche acquisito alcuni esercizi commerciali storici attivi nel settore della moda, per realizzare in diverse città italiane hub di progettazione legati all’economia circolare, contribuendo alla salvaguardia di posti di lavoro, allo sviluppo dei centri cittadini e alla riflessione sul perseguimento dei SDGs dell’ONU.
Infine, attraverso la Benefit corp Rigeneriamo, abbiamo realizzato un interessante laboratorio di coesività e scambio profit no profit che ci consente di implementare progetti ad impatto sociale in un’ottica di mercato e, quindi, senza il finanziamento pubblico o il sostegno delle fondazioni bancarie.

Se dovesse indicare qual è il punto di forza della vostra cooperativa, che cosa direbbe?
La nostra cooperativa si pone l’obiettivo di realizzare utile sociale e di destinare l’utile economico al miglioramento delle condizioni di lavoro dei propri soci, oltre a generare crescita sociale nei territori in cui opera.
Questo è quello che chiamiamo "impatto sociale di vicinanza", un impatto estremamente concreto, fatto di piccoli percorsi di inclusione, di piccoli redditi, a favore di soggetti marginali.
Comunemente si pensa all’impatto sociale in riferimento a questioni globali, come ad esempio quelle identificate dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Tuttavia, agende così ampie, per quanto utili, comportano una certa dose di “spaesamento”, soprattutto per quei soggetti che operano nei territori e che devono far “atterrare” i temi globali nelle realtà locali. In altre parole, le riflessioni a livello macro devono trovare una propria concretezza in micro-progetti capaci di generare quel benessere, quel cambiamento, quel miglioramento socio-culturale ed economico che va a vantaggio della singola persona, di una famiglia o di una determinata comunità territoriale. In sintesi, occorre relazionarsi da una parte con gli stakeholder e, dall’altra, con gli stessi beneficiari. Liberitutti si è assunto questo ruolo di ponte e direi che è questo il nostro punto di forza.

In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, ci sono delle tematiche, delle criticità, su cui avete ancora di più puntato la vostra attenzione?
Sì. Un tema particolarmente importante per le nostre progettualità e su cui stiamo sperimentando molto è quello delle povertà educative e culturali. Possiamo dire, poi, che l’altra sfera di forte incidenza dei nostri servizi riguarda l’abitare e lo sviluppo locale aperto alle esigenze delle comunità.

Chi non pensa al futuro, non ne avrà uno, diceva John Galsworthy. Il futuro della vostra cooperativa come lo vede?
Vedo il futuro di Liberitutti in un'ottica di sostenibilità integrale, tesa all'obiettivo di contrastare ogni discriminazione e superare condizioni di povertà sociale, economica e culturale, grazie al contributo collettivo di molte volontà cooperanti: enti pubblici, mercato, terzo settore e comunità locali. La sfida del prossimo anno è quella di collocarsi nel nascente universo dell'impatto nativo, ovvero di quel modo di agire che si propone di operare imprenditorialmente, non solo perseguendo gli obiettivi core del proprio business, ma considerando core gli effetti sociali e ambientali che ogni azione di impresa genera.

Un’ultima domanda, per concludere questa breve intervista: che cosa significa, per voi di Liberitutti, essere una cooperativa?
Partecipazione, gestione del bene comune, impatto sociale sono tutti termini che fanno parte del vocabolario di un soggetto cooperativo. Attualmente per il terzo settore sono anche parte costituente del proprio “essere impresa”, ma segnano anche una condanna a vivere in un perenne limbo tra il mondo economico e il mondo della solidarietà gratuita.
La parola “politica” etimologicamente significa “organizzazione della comunità”, strutturazione partecipativa delle geo-comunità; in un certo senso, l’agire del terzo settore è un agire politico, una relazione biunivoca inscindibile, che diverge dalla visione della politica come governo degli enti locali o organizzazione del consenso intorno alla radicalizzazione di posizioni di conflitto tra le diverse componenti di una comunità. Dobbiamo rappresentarci, in quanto cooperativa sociale, coi connotati di un’impresa moderna e democratica, mantenendo una forte dimensione etica e di advocacy per le comunità in cui operiamo.

Andrea Bernardini