www.cfi.it
Home > News > Sostenersi l'un l'altro pensando alle generazioni future: la strategia anticrisi della cooperativa “LA CJALDERIE”

Sostenersi l'un l'altro pensando alle generazioni future: la strategia anticrisi della cooperativa “LA CJALDERIE”

Intervista al Presidente Pietro Valent

Fotografia
Per molte aziende l’estate è finita ancor prima di iniziare. È già “autunno caldo”, come dimostrano i numeri della congiuntura e gli stati d’animo dei lavoratori. Secondo le associazioni di categoria, solo nel settore dei pubblici esercizi rischiano la chiusura ben 50 mila imprese. Bar, ristoranti, pizzerie che hanno resistito fin qui, inventandosi formule e servizi. E che ora, in tempi di crisi e distanziamento, devono affrontare la sfida più ardua: far tornare la voglia di convivialità. Una sfida che certo non spaventa i 5 soci lavoratori della cooperativa sociale La Cjalderie, nata nel 2008 in provincia di Udine e sostenuta anche da CFI. L’impresa friulana, che si occupa dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate nei settori del catering e della ristorazione, gestisce oggi uno dei locali storici di San Daniele del Friuli, il ristorante “Al Tirassegno”. Della cooperativa, che nel 2019 ha sviluppato un fatturato di poco inferiore ai 160 mila euro, e del dopo-Covid, abbiamo parlato con Pietro Valent, presidente de La Cjalderie.

Presidente Valent, come state affrontando la Fase Tre?
Abbiamo riaperto il ristorante il 26 maggio, dopo uno stop totale di quasi tre mesi dovuto al lockdown. Fortunatamente, il nostro è un locale piuttosto grande e questo ci ha permesso di adottare tutte le misure di prevenzione indicate nelle linee guida senza particolari problemi. Ormai siamo abituati ad attuare il protocollo di sicurezza in maniera quasi automatica. Questa nostra capacità di adattarci ci ha permesso di affrontare con una certa tranquillità l’afflusso di una clientela che, seppur non paragonabile a quello pre-Covid, è stato senza dubbio consistente.

La cassa integrazione e i provvedimenti legati alla liquidità si sono rivelati degli strumenti un po’ farraginosi. A voi, in questo senso, com’è andata?
La nostra cooperativa, durante il lockdown, ha fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga, che per i mesi di marzo ed aprile è stata liquidata a fine maggio. Oggi solo una persona è in cassa integrazione a tempo pieno, mentre gli altri quattro soci lavoratori ne usufruiscono soltanto per le ore non lavorate durante il mese (circa il 25% ciascuno). La Cjalderie, inoltre, ha aderito alla moratoria sui mutui in essere, sospesi fino al 30 settembre, ed ha potuto accedere ai 25.000 euro garantiti dallo Stato al 100%, che sono stati utilizzati per saldare fornitori, affitti ed alcuni stipendi.

A causa del coronavirus, nel mondo (esclusa la Cina), ben 44 milioni di persone rischiano di perdere il posto di lavoro. Su di voi la pandemia, in termini di tagli, quali riflessi ha avuto?
Come ho già detto, abbiamo solo una persona in cassa integrazione a tempo pieno. Per noi è stato molto importante mantenere i posti di lavoro, perché abbiamo sempre messo il fattore umano al centro del nostro agire, contribuendo alla creazione di lavoro e concretizzando un esempio di imprenditoria sociale vincente. Io credo fermamente che le persone saranno, per le aziende di questo Paese, il vero asset del futuro.

Secondo lei, quanto il web basterà a compensare il buco della ristorazione?
Noi utilizziamo il web ed i social per poter attirare maggior clientela, far conoscere le nostre offerte e i piatti del giorno, ma questo certo non ci porterà a recuperare i livelli di fatturato che avevamo prima della pandemia. Detto questo, volendo vedere un lato positivo, il Covid-19 ha costretto molti ristoratori a uscire dalla loro zona comfort e spinto a innovare e investire sui modelli di accoglienza.

In molti spingono per un taglio deciso dell'Iva per la ristorazione. Lei che ne pensa?
Penso che un taglio dell’iva per la ristorazione, ma direi per tutto il settore turistico che è stato fra I più severamente colpiti dall’emergenza sanitaria, sarebbe auspicabile. Permetterebbe alle imprese di recuperare una certa redditività e sarebbe un segnale importante per tutto il settore.

Cosa la preoccupa per il futuro?
La nostra maggior preoccupazione riguarda il prossimo autunno. In tutta onestà, ci aspettiamo un ritorno dei contagi e, di conseguenza, una nuova restrizione alla mobilità ed alle attività produttive. In più, come cooperativa stiamo lavorando, assieme a tante istituzioni, alla riqualificazione di un immobile donato a La Cjalderie, con lo scopo di utilizzarlo per accogliere anziani fragili e persone diversamente abili. È un progetto importante che purtroppo, a causa del coronavirus e della crisi economica, ha subito uno stop. Speriamo di poter ripartire al più presto.

Lévi-Strauss ha scritto: la più grande sventura di un gruppo umano è di essere solo. Come a dire: non siamo nessuno senza gli altri. In questo senso, e per concludere la nostra intervista, le chiedo: che cosa significa per voi, in un momento così difficile, far parte di una cooperativa?
Significa soprattutto sostenersi l’uno con l’altro e lavorare per lasciare qualcosa alle generazioni future. Questi sono, da sempre, i valori di una cooperativa che oggi, dopo la pandemia, acquistano un significato ancora più stringente.

Andrea Bernardini