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Coraggio e responsabilità: la bella storia della NUOVA BUTOS di Forlimpopoli

Intervista al Presidente Fabio Moretti

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Lo shock della pandemia avrà effetti duraturi e gli osservatori si aspettano che, per le imprese, il momento peggiore arriverà dopo l’estate, quando si esauriranno le tutele predisposte per dilazionare i fallimenti. Ma il Covid-19 ha lasciato anche uno strascico positivo. Ha limato le asperità del crescente individualismo e ricostruito le radici di una solidarietà più diffusa, dimostrando quanto sia fondamentale per la società la collaborazione tra le persone. Lo sanno bene i 14 soci lavoratori della Cooperativa Nuova Butos, nata nel 2018 in provincia di Forlì-Cesena, che per statuto hanno fatto della mutualità e della comunione d’intenti la loro ragione d’essere. Un’azienda, quella romagnola, il cui fatturato nel 2019 è stato di 2.380.000 euro, che svolge la propria attività nel settore alberghiero, nella ristorazione, nel catering e nella grande distribuzione, realizzando prodotti alimentari monodose legati a referenze come, solo per citarne qualcuna, lo zucchero, l’aceto e l’olio. Per parlare della cooperativa di Forlimpopoli, sostenuta anche da CFI, e del dopo-Covid, abbiamo intervistato Fabio Moretti, presidente della Nuova Butos.

Presidente Moretti, quando è scattato il lockdown siete stati costretti a chiudere?
No, non siamo stati costretti alla chiusura, perché rientravamo nelle categorie merceologiche che potevano continuare la propria attività. A causa della pandemia, però, il Dpcm dell’11 marzo ha decretato la chiusura di tutte le attività legate al cosiddetto settore Ho.Re.Ca. (acronimo di Hotellerie-Restaurant-Catering, ndr) e questo ha comportato una sensibile riduzione degli ordini e la nostra attività si è ridotta di circa il 70%.

E ora com'è la situazione?
Non appena è iniziato il lockdown, abbiamo cominciato a pensare a quali soluzioni adottare per mitigare gli effetti del coronavirus. Da un’idea sviluppata all’interno dell’azienda, già dalla metà del mese di marzo, è stata realizzata e commercializzata una salvietta igienizzante imbustata singolarmente. Il prodotto ha suscitato un certo interesse, compreso quello della Gdo, e dal mese di maggio lo stiamo promuovendo anche sulla piattaforma Amazon. Con la riapertura di tutte le attività, poi, abbiamo avuto un forte incremento degli ordini, in particolare per i condimenti monodose, più igienici rispetto al contenitore di vetro, che va pulito dopo ogni singolo servizio. Proprio in questa fase, la cooperativa ha pensato di rafforzare l’area commerciale, attivando una rete di agenti in alcune zone. In più, abbiamo completamente rinnovato il sito e implementato l’attività sui social, anche perché a breve realizzeremo nuovi prodotti nel settore dei condimenti monodose.

In tutto questo, come avete gestito i protocolli di sicurezza? Vi hanno creato molte difficoltà?
La cooperativa ha subito applicato i protocolli previsti. Per noi è stato abbastanza facile adeguarci, perché disponiamo di reparti ampi e separati in cui, per il tipo di lavorazione svolta, è quasi sempre garantito il distanziamento. Abbiamo dedicato una particolare attenzione, invece, alle parti comuni, alla mensa e agli spogliatoi, per i quali abbiamo previsto un ingresso contingentato.

La cassa integrazione è stata anticipata in vasta misura dalle imprese. Ci sono stati gravi ritardi anche per le procedure annunciate a sostegno della liquidità. A voi, in questo senso, com’è andata?
Ci siamo subito attivati per garantire gli ammortizzatori sociali ai dipendenti e devo dire che, grazie anche al continuo “monitoraggio” delle domande presentate e all’aiuto determinante di Confcooperative, tutti i lavoratori hanno ricevuto in tempi brevi l’assegno di integrazione al reddito. Restano, invece, intatte le difficoltà legate alla mancanza di liquidità.

La crisi delle imprese è anche una crisi del lavoro. Anche la vostra cooperativa ha previsto una riduzione dell’organico?
No. Grazie alle commesse su cui possiamo contare, in questo momento, e all’uscita di due nostri dipendenti che sono andati in pensione, non c’è stato nessun taglio dei posti di lavoro. Bisognerà, però, vedere cosa accadrà da ottobre in poi.

A proposito dei mesi che verranno: quali sono le speranze della Nuova Butos?
Ci piacerebbe avere la sfera di cristallo per vedere cosa succederà da qui ad un anno. Coltiviamo, intanto, la speranza che si passi dai proclami alla concretezza. Ma c’è, al di là di tutto, una cosa importante da dire: le aziende, le fabbriche, le imprese devono diventare, oggi più che mai, luoghi in cui trasformare il capitale umano in benessere per il Paese.

Un’ultima domanda, alla fine di questa nostra breve chiacchierata. Per voi, in un momento come questo, che significato ha essere una cooperativa?
Il politologo americano Robert Putnam ha spiegato che la Romagna è la terra del capitale sociale: dove il termine "cooperativa" è riuscito a raggiungere il suo significato più rotondo. E noi, anche se la Nuova Butos è nata da soli due anni, ne siamo perfettamente consapevoli, pur vivendo tutte le problematiche che derivano dall’essere dipendenti al diventare imprenditori, come è stato nel nostro caso. La cooperazione nasce dal bisogno del singolo che, unendosi ad altri, cerca le sue risposte nella condivisione, al fine di creare benessere per sé e per la comunità nella quale opera. Questo è quello in cui crediamo. Questa è la storia della Nuova Butos, che io considero una bella storia. Fatta di coraggio e responsabilità.

Andrea Bernardini