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INTERVISTA A CARLO ZIBORDI di Andrea Bernardini

FotografiaCostituita nel 2011, attraverso un’operazione di workers buyout, la cooperative Italstick è oggi una delle realtà più interessanti del settore cartotecnico, specializzata nella progettazione e nella produzione di materiali autoadesivi standard e personalizzati. L’azienda di Soliera (MO), formata da 22 soci lavoratori, ha fatto registrare nel 2018 un fatturato superiore ai 6.700.000 euro, grazie anche al sostegno di Cfi e ad un intenso programma di investimenti. Di questo e di altro abbiamo parlato con Carlo Zibordi, presidente di Italstick.

Presidente Zibordi, negli ultimi anni avete aumentato di molto gli investimenti in ricerca e sviluppo. Ce ne vuole parlare?
La nostra società, negli ultimi due anni, ha svolto un’importante attività di ricerca e sviluppo legata all’innovazione tecnologica, indirizzando i propri sforzi verso progetti particolarmente originali. Stiamo parlando di due progetti: uno a favore della sperimentazione di nuove soluzioni tecniche e tecnologiche per il miglioramento qualitativo e l'ampliamento della gamma dei nostri prodotti; l’altro basato su alcune attività sperimentali, con l’acquisizione di un innovativo know how tecnico, volte alla riduzione dell’impatto ambientale dei complessi autoadesivi e al perfezionamento dei nostri prodotti nati per applicazioni speciali.

Prodotti, quelli di Italstick, che guardano soprattutto al mercato estero…
Sì, Il nostro mercato di riferimento ha un profilo internazionale. Basti guardare le percentuali sul fatturato aziendale: nel 2017, 63%; nel 2018, 60%; a settembre 2019, 70%. Siamo, perciò, piuttosto preoccupati per la Brexit e per le situazioni politiche che vanno ad impattare sul mercato. La Brexit ci ha portato un calo di fatturato, in Inghilterra, pari al 25%; mentre in Ucraina, paese politicamente a rischio, la nostra assicurazione del credito ci ha revocato gli affidamenti in corso, costringendoci a modificare le condizioni di pagamento verso i clienti e provocando una flessione nel nostro giro d’affari. Gli embarghi poi, come può immaginare, non sono certo d’aiuto: negli ultimi anni, ad esempio, abbiamo investito sul mercato russo e, vista la situazione politica e il relativo embargo, questo ci ha penalizzato.

Ci sembra, però, che le difficoltà non vi spaventino…
È vero. Abbiamo affrontato diverse situazioni difficili. La cooperativa si è costituita nel marzo del 2011, dopo quasi due anni dalla chiusura per concordato dell’azienda Diaures. I tempi per la costituzione di Italstick sono stati lunghi e abbiamo avuto difficoltà nel ripristino e nell’avviamento dei macchinari e nel riappropriarci del nostro mercato. Anche il passaggio da dipendenti a imprenditori è stato piuttosto faticoso e noi lo stiamo ancora “accompagnando” con corsi informativi. La sfida principale, però, resta quella legata alla nostra capacità di “strutturarci”, a livello produttivo, commerciale, amministrativo e finanziario, facendo leva sui corsi d’aggiornamento per creare professionalità e consapevolezza delle proprie responsabilità, senza tralasciare la possibilità di investire in risorse umane pure al di fuori della compagine sociale.

Per quanto ha detto finora, per tutti gli ostacoli che avete dovuto superare, chi si sentirebbe di ringraziare?
Senza dubbio, il ringraziamento più grande va a tutti i soci. Per la loro professionalità, per la capacità di reazione immediata rispetto alle richieste del mercato, per la flessibilità produttiva e commerciale, per l’intercambiabilità nei vari processi produttivi. E, soprattutto, per l’unione di intenti, anche nei momenti più difficili, come quando abbiamo deciso di ridurci lo stipendio del 20%.

Un’ultima domanda. Che cosa ha significato per voi diventare un workers buyout, una cooperativa?
Il wbo è una “avventura” che rappresenta un buon modello per la risoluzione di crisi aziendali, purché alla base ci siano progetti seri e la voglia di impegnarsi a fondo. E dove non solo il lavoro venga valorizzato ma anche, guardando sempre avanti, le idee. Per noi di Italstick essere una cooperativa ha significato vedere i soci lavoratori e i dipendenti godere di quell’attenzione alla persona che in altri contesti manca, perché ogni impresa cooperativa, se gestita nel modo giusto, finisce col diventare un patrimonio da donare alle generazioni future.