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INTERVISTA A ETTORE SASSI di Andrea Bernardini

FotografiaCostituita nel 2016, attraverso un’operazione di workers buyout, la Fornace di Fosdondo società cooperativa ha intrapreso un percorso di uscita dalla crisi che l’ha portata, dopo due anni, all’acquisto dell’immobile industriale. Un risultato importante per i venti soci della cooperativa di Correggio (RE), capaci di tenere in vita una tradizione che dura ormai da settanta anni. Di questo e di altro abbiamo parlato, brevemente, con Ettore Sassi, presidente della Fornace di Fosdondo.

Presidente Sassi, qual è la vostra storia?
La nostra attività principale riguarda la produzione e la vendita di mattoni in laterizio. La Fornace è nata negli anni Trenta. I laterizi costruiti a Fosdondo erano utilizzati ovunque: un mattone su tre delle case italiane usciva dalla Fornace. Poi nel 2008 è arrivata la crisi, con il tracollo dell’edilizia; le grandi cooperative hanno cominciato a chiudere e l’indotto ne ha pagato le conseguenze. A marzo del 2016 Unieco, di cui facevamo parte, è stata costretta a chiudere lo stabilimento. Ma noi non ci siamo arresi. E così è iniziata la nostra avventura.

Un’avventura che è culminata con l’acquisto, dopo due anni, dello stabilimento di Fosdondo…
Già al momento della costituzione della cooperativa, eravamo consapevoli che il passo successivo sarebbe stato quello di acquistare gli immobili e gli impianti per il proseguimento dell’attività. Si pensava, però, di dover affrontare questo step in tempi più lunghi; l’entrata in liquidazione di Unieco e la conseguente necessità di cedere i vari asset aziendali, ci ha imposto di affrettare i tempi. Per noi è stato un passo fondamentale. La nostra attività richiede una continua manutenzione degli impianti e un aggiornamento costante delle linee produttive, con tutto ciò che questo comporta in termini di costi. Unieco, proprietaria dell’immobile, in liquidazione coatta amministrativa, non era in grado di riconoscere alla nostra cooperativa il costo delle manutenzioni straordinarie e degli investimenti fatti. In più, come Fornace, potevamo accedere ad un finanziamento regionale a sostegno dei costi per l’adeguamento sismico dei fabbricati. Avremmo perso questo finanziamento, che va a coprire il 100% delle spese, se Unieco, in quanto azienda in L.C.A., avesse mantenuto la proprietà dello stabilimento. Alla fine, credo che il risultato che abbiamo ottenuto sia stato davvero buono: la cooperativa ha speso 450.000 euro per immobili (circa 28.000 mq. di superficie coperta), impianti (2 linee di produzione laterizi), terreni (circa 100.000 mq., tra agricoli e industriali) e scorte di argilla per circa 15 anni di produzione.

Ci racconta qualcosa di più riguardo alla vostra produzione?
I nostri impianti sono stati quasi totalmente rinnovati a partire dal 1999 e fino al 2007. Nel complesso, la dotazione impiantistica si può dunque considerare di ultima generazione e in grado di soddisfare le varie richieste del mercato. Nello stabilimento di Fosdondo vengono prodotti mattoni faccia a vista sia estrusi (forati), sia in pasta molle (mattone pieno). Oltre alla tradizionale ricerca per lo sviluppo del materiale faccia a vista (colorazioni e finiture), abbiamo implementato, negli ultimi anni, un engineering interno capace di offrire un’assistenza tecnica completa a sostegno dei nostri prodotti, potenziando il dialogo diretto con progettisti e termotecnici; ci siamo dedicati, inoltre, allo studio di prodotti complementari e innovativi che possano essere fabbricati grazie agli impianti della cooperativa.

Come si è chiuso il 2018 e quali sfide vi attendono per il futuro?
Il 2018 si è chiuso con un fatturato di circa 3 milioni di euro. Una cifra insufficiente per poter mantenere in equilibrio la nostra cooperativa. Il problema principale è legato alla profonda crisi edilizia del mercato italiano (il nostro mercato di riferimento…), che dura ormai da dieci anni. L’intero settore ha perso oltre il 70% di fatturato anche se ci sono timidi segnali di ripresa. Siamo consapevoli che il mercato italiano sarà sempre il nostro mercato principale, vista la tipologia dei nostri prodotti, ma, a proposito di sfide, stiamo cercando di aprire nuovi sbocchi all’estero che potrebbero, a breve, darci delle soddisfazioni, aiutandoci a raggiungere quella sostenibilità economica di cui la cooperativa ha bisogno.

Un’ultima domanda, per concludere. Che cosa ha significato per la Fornace di Fosdondo il distacco dalla galassia Unieco?
Non è cambiato niente dal punto di vista della condivisione dei principi fondamentali insiti nel fare impresa cooperativa. A cambiare è stata la dimensione aziendale: eravamo “una goccia nel mare”, rispetto ad una realtà grande e multisettoriale come quella di Unieco, ed ora siamo “solo noi”. Qualche socio mi ha detto che sembra di essere tornati ai tempi del padre, in cui le cooperative erano formate da pochi soci, spinti dalla necessità e dalla voglia di portare avanti la loro idea imprenditoriale.